Il canto e la memoria

Luogo
Area archeologica Massaciuccoli Romana
Periodo
Sabato 14 settembre ore 17.30

La narrazione, a memoria, di uno dei poemi più antichi e più famosi del mondo occidentale Eneide, viene affidata alla voce di un solo attore e all'uso di alcuni semplici strumenti dal suono arcaico ed evocativo suonati dall'attore stesso alla maniera dell'aedo o del cantastorie. Il proposito è quello di indagare sulle straordinarie possibilità espressive ed evocative di una voce narrante che, con l'ausilio di pochi ed elementari strumenti di supporto, riesca a trasportare l'immaginazione dello spettatore all'interno del proprio mondo interiore, lì dove quelle storie scaturiscono e lì dove quelle storie ancora vivono, radicate nella carne e nella memoria profonda di tutti noi.

Sullo sfondo delle atmosfere lunari e malinconiche che tanto sovente ricorrono nel poema, i personaggi favoriti di Virgilio sembrano essere decisamente i perdenti, quelli destinati ad un tragico epilogo. Ecco allora emergere in maniera potente la figura della regina Didone, o quella del principe rutulo Turno, entrambi vittime di un Fato che li condanna fin dall’inizio della storia. Oppure assistiamo al commovente episodio di Eurialo e Niso, condannati dalla loro giovane esuberanza e da una amicizia che non si ferma neppure davanti alla morte. Nonostante l’evidente intento celebrativo dell’opera, lo stesso Enea ci colpisce non tanto nelle scene in cui viene celebrata la sua eroicità, quanto in quelle in cui viene mostrata la sua fragilità umana, come nella sua narrazione della caduta di Troia, o nell’imbarazzo della sua fuga da Didone. Un ineluttabile Fato conduce gli eventi fin dall’inizio e neppure gli Dei possono niente contro di Lui. Il loro sguardo accompagna i Troiani in tutte le loro vicissitudini delle quali Roma è l’inevitabile ed inesorabile punto di approdo. 

Alla delicatezza dei suoni dei cimbali, delle piccole campane e di alcune leggere percussioni, adatti alla dimensione interiore e notturna della prima parte dello spettacolo, si contrappone il suono metallico, netto e spietato di due grandi gong nella parte centrale, che evocano e sostengono la presenza degli d1èi. Per lasciare poi il posto ai suoni di guerra del grande tamburo sciamanico tibetano, che si alternano ai fruscii della notte e delle profondità dell’animo (sonagli e corde) negli episodi di Eurialo e Niso e della morte di Turno. 
La bella traduzione poetica utilizzata è quella di Enzio Cetrangolo.

Uno spettacolo di Gianluigi Tosto

L'evento è a cura dell'Area archeologica Massaciuccoli Romana in collaborazione con Fondazione Toscana Spettacolo